Andrea Porcheddu
Gli Stati Generali
Che buffo, giusto un secolo fa, Ettore Petrolini metteva in parodia, da par suo, nientemeno che Amleto: “Io sono il pallido prence danese/Che parla solo, che veste a nero/Che si diverte nelle contese/che per diporto va al cimitero/Se giuoco a carte fo il solitario” eccetera eccetera. E, per strana, inattesa coincidenza, in un teatrino romano, un giovane attore di Roma, Gabriele Paolocà, attraversa il classico shakespeariano, riversando con esplosiva ironia, in un monologo aspro e divertente, commovente e disarmante, tutte le contraddizioni di questi anni bui. Non è un caso, allora, che lo spettacolo di Paolocà, dal titolo AmletoFX, (qualcosa come “Effetti Amleto”) mi abbia fatto pensare al grande genio di Petrolini (…) L’ottimo autore-regista-interprete solista Paolocà sceglie di mettere in scena, argutamente, un precipitato del nostro tempo, allestisce una dissacrante concrezione, elaborata da un possibile coetaneo del Principe di Danimarca, alle prese – come lui – con i sogni, i miti, le aspirazioni, gli amici, gli amori. Un giovane come tanti, frullato di cultura e citazioni, di aspirazioni e delusioni, ma soprattutto annichilito dall’eterno “fantasma del padre”. Il nodo, infatti, è proprio quello che si stringe attorno alla gola di Gabriele-Amleto come di una generazione intera, oppressa da padri (metaforici e reali) assenti eppure prepotenti in questa assenza, comunque desiderati, rimpianti, compianti da figli che chiamano “papà” con un grido di malcelato dolore.(…)AmletoFX abbraccia nostalgia e devastazione, la mostra e la smaschera in scena(…) Gabriele Paolocà colloca il personaggio shakespeariano nel novero dei “devastati” miti d’oggi.(…) Lo spettacolo respira di un sincretismo, superficiale e profondissimo, tutt’altro che postmoderno. Qui si avverte la fatica di Sisifo di chi deve combattere per imbastirsi uno straccio d’identità, per sopravvivere sognando in una città sfranta e incarognita, in un Paese involgarito, in un mondo disilluso. (…)